SALENTO – Nei primi nove mesi del 2022, in provincia di Lecce, sono stati assunti 8.096 lavoratori di
nazionalità extra Ue. Più di uno su tre di loro ha trovato impiego in alberghi e ristoranti. Il
72,13 per cento ha meno di 40 anni e il 78 per cento è stato assunto a tempo determinato.
Si tratta soprattutto di uomini con bassi livelli di scolarizzazione, impiegati per la gran
parte in attività professionali non qualificate. Solo il 17,2 per cento dei contratti stipulati
riguarda la popolazione femminile straniera, con una netta differenza tra il capoluogo e il
resto dei comuni.
Il quadro degli avviamenti lavorativi di persone con cittadinanza in Paesi che non rientrano
nell’Unione Europea è restituito dalle comunicazioni obbligatorie rese dai datori di lavoro. I
numeri, relativi al periodo compreso tra gennaio e settembre 2022, riguardano solo
rapporti di lavoro dipendente, parasubordinato e in somministrazione attivati in provincia di
Lecce, mentre si esclude dal conteggio coloro che hanno intrapreso un’attività autonoma. I
dati, elaborati dall’Ufficio coordinamento Servizi per l’impiego di Lecce di Arpal
Puglia, vengono diffusi in occasione della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza,
ricorrenza istituita con la legge 45/2016 per ricordare il tragico naufragio avvenuto tre anni
prima al largo di Lampedusa e che è costato la vita a 368 persone, tra cui anche donne e
bambini.
Sul totale di 187.259, gli 8.096 rappresentano il 4,32 per cento di tutti i contratti di lavoro
stipulati nei primi nove mesi di quest’anno. Nel 2021 si è raggiunta quota 11.232, mentre
nel 2020, nel picco della pandemia, sono stati 9.670. In almeno otto casi su dieci,
riguardano cittadini già residenti o domiciliati in provincia di Lecce, provenienti da Albania,
Nigeria, India, Senegal, Pakistan, Tunisia, Gambia, Sri Lanka, Bangladesh, Egitto,
Cina, Filippine.

In seguito alla guerra in corso nel cuore dell’Europa, sono aumentati gli inserimenti
lavorativi di cittadini ucraini: dai 58 nel 2020 e dai 75 nel 2021 si è passati ai 127 al 30
settembre di quest’anno.
Solo il 35 per cento di questi lavoratori è stato assunto per svolgere professioni
qualificate, il 13,26 per cento delle quali concentrate nel turismo, seguite dai servizi alla
persona (4,84 per cento) e dal commercio (3,37 per cento). Il restante 65 per cento è stato
impiegato come personale non qualificato, andando a coprire una fetta del fabbisogno di
manodopera lì dove è più difficile trovarla.
I settori di maggiore impiego, d’altronde, oltre al turismo e alla ristorazione – ambito in cui
maggiormente trovano occupazione le donne migranti – sono quelli dell’agricoltura,
servizi alla persona, commercio, trasporti, costruzioni e industria della
trasformazione. Quasi sempre si tratta di rapporti di lavoro a tempo determinato (77,82
per cento) e solo in minima parte a tempo indeterminato (7 per cento) o nella tipologia di
lavoro domestico (6,4).
Le geografia economica vede quasi un terzo degli avviamenti concentrati nella città di
Lecce e il suo circondario; seguono Nardò con il suo distretto agricolo (18,21 per cento,
soprattutto relativi a migranti di età compresa tra i 45 e i 54 anni) e Maglie (9 per cento, la
gran parte under25). In tutti i territori di competenza degli altri centri per l’impiego il dato si
attesta intorno al 6 per cento, tranne che a Gallipoli (5,60 per cento) e a Poggiardo (4,17).
Quasi un quarto degli oltre 8mila avviamenti di quest’anno riguarda, poi, giovani con
meno di 25 anni. Più di sette su dieci lavoratori assunti, comunque, non ha compiuto 40
anni. Incrociando il dato dell’età con quello dei titoli di studio, emerge che tra gli uomini
avviati uno su due ha almeno la licenza media; il 30,62 per cento si ferma alla licenza
elementare; il 19 per cento ha conseguito il diploma o una qualifica professionale; appena
l’1,11 per cento ha una laurea o un diploma di laurea. Il quadro peggiora per le donne:
quasi il 40 per cento di quelle assunte non ha alcun titolo o ha solo la licenza elementare;
il 32,69 ha la licenza media, ma tra le più giovani si registra anche un 24,29 per cento di
diplomate o con qualifica professionale e un 4 per cento di laureate.
Nel corso di quest’anno, sono state avviate regolarmente a lavoro solo 1.392 donne di
nazionalità extra Ue. Rappresentano appena il 17,2 per cento del totale e quasi tre su
quattro di loro hanno bassi livelli di scolarizzazione. Inoltre, a fronte di un uomo su due
assunto a tempo pieno, solo una donna su tre ha ottenuto un contratto di lavoro full time.
“Ciò significa – ha commentato Luigi Mazzei, dirigente Ufficio Coordinamento Servizi
per l’Impiego di Lecce di Arpal Puglia – che moltissimo resta da fare per costruire
percorsi di formazione dedicati, agevolare l’inserimento lavorativo soprattutto delle donne
e l’emersione dell’eventuale lavoro irregolare”. I dati, poi, sembrano testimoniare un altro
fenomeno spinoso: l’abbandono scolastico da parte della seconda o terza generazione di
cittadini stranieri nati e cresciuti nel Salento. “Il tema della loro qualificazione professionale
e del supporto nella ricerca di impiego – ha concluso Mazzei – sono centrali. A partire
dalle bacheche inclusive con offerte tradotte in diverse lingue in ognuno dei dieci Centri
per l’Impiego salentini, passando per il rafforzamento della presenza dei nostri operatori
nella foresteria di Boncuri fino alle nuove iniziative in cantiere, ARPAL Puglia sta facendo
la differenza. La sfida è complessa, ma noi siamo in prima linea”.