Il 40% delle infezioni contratte in ospedale, sono causate dalle mani sporche. Il che significa che i pazienti ricoverati nei reparti, possono ammalarsi in ospedale, se gli operatori sanitari non hanno le mani ben lavate. La regola è che prima di toccare un paziente, eseguire una procedura, il medico, l’infermiere o chi per lui, é bene che lavi le mani, e poi subito dopo, per evitare di trasferire batteri a persone con difese immunitarie basse, che quindi più facilmente possono fare da ricettore per germi e quindi infezioni.
Dopo uno starnuto, l’uso del bagno, dopo essere stato in contatto con liquidi biologici, è importante lavarsi accuratamente le mani. I germi infatti possono essere trasferiti dalle mani ad una qualsiasi superficie che viene poi a contatto con altre mani. Peggio ancora se i germi vengono a contatto direttamente con il corpo del paziente tramite mani sporche. Per la sicurezza del paziente quindi, occorre lavarsi le mani, sopratutto laddove possono trovarsi pazienti altamente fragili, con difese immunitarie molto basse, è il caso dei reparti più a rischio come le terapie intensive, le sale operatorie, gli infettivi, le cardiologie, le chirurgia.
Resta noto il caso di una epidemia di salmonellosi nel nido del Vito Fazzi, avvenuta negli anni ’70, quando una decina di neonati contrassero la salmonellosi, gravi enteriti, perché avevano contratto il battere salmonella, responsabile dell’infezione. Gli esperti dell’Asl che fecero allora delle indagini: tamponi sottoungueali, scoprirono che chi prendeva i piccoli per cambiarli, non lavava spesso le mani, dopo l’uso del bagno, diventando cosi veri e propri portatori di battere da salmonella, che veniva trasferito sui neonati, mettendoli in serio pericolo.
A distanza di 40 -50 anni, a cambiare é la tipologia del battere, perché a dare più problemi sono gli enterobatteri, meno gli sfaffilococchi, che erano più diffusi negli anni ’70. Questo perché, come spiegano gli infettivologi, l’uso continuo di antibiotici per debellare le infezioni, ha selezionato i batteri più resistenti. Le infezioni ospedaliere infatti, oltre a mettere a repentaglio la salute dei pazienti, lievita i costi di degenza e farmacologici; ecco perché l’Asl di Lecce, in linea con l’organizzazione mondiale della sanità, ha aderito a questa campagna preventiva che riduce i rischi per i ricoverati, ma riduce anche la spesa sanitaria. Solo l’azienda di Lecce, ha speso in un anno circa 4 milioni di euro, per terapie antibiotiche, che combattessero le infezioni ospedlaiere.
Da oggi l’azienda sanitaria ha invertito senso di marcia: distribuendo nei reparti dei dispenser con soluzione igienizzante per le mani, che velocizzano, a volte migliorano anche rispetto al tradizionale sapone, l’igiene delle mani, senza per questo sostituire l’utilizzo dei guanti, che va comunque mantenuto. Si parte quindi con questa campagna preventiva, dall’ospedale più grande: il Vito Fazzi, per arrivare via via in tutti gli ospedali, a educare e formare gli operatori sanitari, che spesso “peccano di presunzione”- ha detto Alberto Fedele, direttore dello SPESAL dell’Asl, pensando che loro siano esenti da infezioni. Non solo – ha aggiunto Fedele – ma il mancato accorgimento, vanifica la attività sanitaria stessa e la responsabilità professionale. Seguire correttamente la procedura, prevedendo l’igiene delle mani, significa – ha detto Fedele – non solo mettere al sicuro il paziente, senza lasciarli regali indesiderati, ma anche tutelare la stessa attività medica o infermieristica, dal punto di vista legale.”
“C’è di più – ha aggiunto il direttore sanitario Antonio Sanguedolce – l’igiene abbassa di due, tre punti percentuali le infezioni in corsia e riduce quindi anche i costi. Basti pensare che solo un’infezione grave, contratta per esempio in una terapia intensiva, può arrivare a costare 100 mila euro, quanto il finanziamento dell’intera campagna preventiva, fatta di brochure, locandine, da posizionare negli ambienti ospedalieri, informando personale dipendente ospedaliero, ma anche visitatori. Spesso c’è anche un cattivo comportamento di chi va a trovare il parente ricoverato, senza pensare che di mettere in pericolo la sua salute, portandogli dall’esterno batteri. Accade quando si arriva con bambini, spesso portatori di germi, o quando si entra in ospedale persino con un animale domestico, come avvenuto. Dunque non basta che i medici e infermieri si lavino le mani, ma tutti devono fare la propria parte, compresi i cittadini. L’Asl intanto ha creato dei gruppi di lavoro sulle infezioni nosocomiali, che non si limiteranno ai corretti comportamenti da adottare, ma anche alla pulizia degli spazi e degli strumenti usati per esempio.
Nel Vito Fazzi in particolare, si stanno ultimando delle linee di protocollo, da seguire nel caso in cui un paziente abbia contratto una grave infezione. “Ciò che deve essere previsto – ha dichiarato Giampiero Frassanito, direttore sanitario dell’ospedale – è l’ambiente più idoneo, per poter isolare il paziente, una volta che ha contratto l’infezione.”
L’Asl inoltre effettuerà un monitoraggio della cmapgna ogni tre mesi, per verificare l’andamento del fenomeno delle infezioni nosocomiali e se quindi il personale sta adottando il corretto atteggiamento.