SIGN Nella locuzione ‘a catafascio’ in rovina, a rotoli, ma anche alla rinfusa, sottosopra
composto del greco katà ‘giù’ e sfascio.
Questa parola nasconde una curiosità incantevole.La usiamo comunemente nella locuzione avverbiale ‘a catafascio’, che in maniera intensa ed enfatica ci permette di descrivere qualcosa che va a rotoli, in disordinata rovina, o che si ammucchia alla rinfusa, senz’ordine: il capanno di cui dovevamo sistemare il tetto è andato irrimediabilmente a catafascio, per impazienza abbiamo buttato a catafascio la partita a scacchi che stavamo vincendo, ci ritroviamo l’armadio semivuoto a forza di mettere a catafascio i vestiti sulla sedia della camera, e l’abile dimostrazione dell’amico che si diceva in grado di trarre via la tovaglia da sotto le stoviglie del tavolo apparecchiato è finita a catafascio in maniera spettacolare.
Ebbene, il catafascio (o ‘scatafascio’, se preferiamo un gusto più marcato e popolare) non è una parola normale. È una chimera, una parola ibrida, formata nel Quattrocento da un elemento italiano (lo ‘sfascio’) e da un elemento greco (‘katà’, col significato di ‘giù’). C’è poco da fare, dev’essere stata inventata di sana pianta, e il risultato è formidabile, sia a livello sonoro (perché il catafascio riempie la bocca e rende il suono di un crollo complesso) sia a livello concettuale, perché direziona lo sfascio, il suo disordine, la sua rovina, secondo la gravità.
Sono proprio queste parole a farci capire che materia viva sia la lingua, e quanto i processi di formazione di una bella parola possano essere insospettabilmente arbitrari.
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Ebbene, il catafascio (o ‘scatafascio’, se preferiamo un gusto più marcato e popolare) non è una parola normale. È una chimera, una parola ibrida, formata nel Quattrocento da un elemento italiano (lo ‘sfascio’) e da un elemento greco (‘katà’, col significato di ‘giù’). C’è poco da fare, dev’essere stata inventata di sana pianta, e il risultato è formidabile, sia a livello sonoro (perché il catafascio riempie la bocca e rende il suono di un crollo complesso) sia a livello concettuale, perché direziona lo sfascio, il suo disordine, la sua rovina, secondo la gravità.
Sono proprio queste parole a farci capire che materia viva sia la lingua, e quanto i processi di formazione di una bella parola possano essere insospettabilmente arbitrari.
Fonte notizia: unaparolaalgiorno.it