dal latino calamitas ‘disgrazia, rovina’, di origine non latina.
Questa parola viene usata perlopiù in espressioni come ‘calamità naturale’, o ‘stato di calamità’: espressioni che troviamo sui quotidiani, tanto ripetute da far perdere la vivida, esatta dimensione di questa parola.Siamo davanti a una parola grossa, grave: descrive non una semplice disgrazia o sciagura, che può avere anche una dimensione intima, e nemmeno una catastrofe vasta di sapore apocalittico. La calamità è un evento funesto e preciso che colpisce un gran numero di persone, un’intera comunità. Si parla di come la siccità sia una calamità che gli agricoltori devono fronteggiare sempre più spesso; davanti alla pubblica calamità di un’epidemia si discutono le contromisure d’igiene pubblica; e si nota come l’allignare di certe idee possa essere una vera calamità.
Però spesso accade che le parole più cupe abbiano degli esiti ironici, e anche questo è il caso: la disgrazia collettiva si fa iperbolica e scherzosa. Il cucciolo indomabile è una calamità per il mobilio, il successo del programma televisivo è una calamità culturale, e lo zio paga una fortuna d’assicurazione perché al volante è una calamità.
Una parola intensa, che chiede d’essere usata con estro.
(Ah, ma c’entra qualcosa con la ‘calamita’, il magnete? La risposta è no: purtroppo, però, l’incertezza delle ricostruzioni etimologiche non permette confronti simpatici.)
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Però spesso accade che le parole più cupe abbiano degli esiti ironici, e anche questo è il caso: la disgrazia collettiva si fa iperbolica e scherzosa. Il cucciolo indomabile è una calamità per il mobilio, il successo del programma televisivo è una calamità culturale, e lo zio paga una fortuna d’assicurazione perché al volante è una calamità.
Una parola intensa, che chiede d’essere usata con estro.
(Ah, ma c’entra qualcosa con la ‘calamita’, il magnete? La risposta è no: purtroppo, però, l’incertezza delle ricostruzioni etimologiche non permette confronti simpatici.)
Fonte notizia: unaparolaalgiorno.it