TRICASE – Un romanzo storico? Un saggio sulla civiltà bizantina? Un altro resoconto di storia locale?
Il Viaggio di Tricás (Youcanprint, Tricase 2018) di Giovanni U. Cavallera non appartiene a nessuna di queste categorie, ma le contiene tutte in sé.
L’autore di questo breve racconto ha voluto, in maniera del tutto originale, rispondere a domande che probabilmente ogni abitante di Tricase (ma anche molti salentini e viaggiatori giunti nel Capo di Leuca) si è posto: qual è l’origine di questo paese, perché questo nome così particolare? La sciagurata assenza di alcun documento probante ha fatto sì che si accumulassero ipotesi più o meno verosimili, tutte fondate su interpretazioni etimologiche del nome.
Si sostiene, ad esempio, che Tricase derivi dai termini latini tres casae (tre case), oppure da inter casas (tra case). La prima ipotesi ritiene che il centro sia nato, in età imprecisata, dalla fusione di alcuni aggregati abitativi più piccoli; la seconda che il centro sia stato fondato – sempre in età imprecisata – in un luogo in mezzo ad altri nuclei urbani. Ebbene le due ipotesi non reggono né dal punto di vista etimologico, né dal punto di vista storico. Poiché, come già notava a suo tempo Gerhard Rohlfs, non è chiaro come mai il paese si sia sempre chiamato Tricase, mentre ci si aspetta che l’esito da tres casae sia Trecase o Treccase; così come è insostenibile propendere per inter casas, da cui ci si aspetterebbe un Tracase. E inoltre quale centro urbano con una minima dignità può essere chiamato con un nome che significa “tra case” o casali che dir si voglia? Non ha alcun senso!
Non è il caso allora di abbandonare le etimologie popolari che sembrano far capire che il Capo di Leuca abbia vissuto una stagione medievale totalmente latina, mentre in realtà ha fatto attivamente parte di quell’Impero Romano di lingua greca per secoli, mantenendone l’impronta culturale secoli dopo il termine della dominazione bizantina in Puglia?
Se Gallipoli, Galatina, Galatone, Leuca, Corigliano, Andrano e altri centri hanno un nome di origine greca perché non incominciare a ragionare se non possa essere lo stesso per Tricase?
Mille anni fa esatti la Terra d’Otranto era un lembo dell’Impero Romano d’Oriente (che impropriamente chiamiamo bizantino) governato da Basilio II, una delle più straordinarie figure imperiali del millennio medievale, ed è qui che l’autore, che ha al suo attivo diverse pubblicazioni scientifiche sulla civiltà bizantina, ed è deputy editor di “Porphyra”, una delle più vivaci e note riviste scientifiche internazionali su Bisanzio, ha deciso di collocare cronologicamente il suo racconto.
A margine di una importante campagna militare si svolge la vicenda di un giovane funzionario imperiale incaricato di monitorare la situazione del Capo di Leuca. Il nome del funzionario è Demetrios Tricás ed è a lui che si dovrà la fondazione del nuovo paese laddove si rendeva necessario per il benessere degli abitanti del luogo.
L’ambientazione storica non è un mero pretesto per conferire fascino al racconto, ma è strettamente funzionale a questo. La famiglia bizantina dei Tricades è realmente esistita, come pure vissero e agirono in quel tempo e in quei luoghi la maggior parte degli attori che compaiono nella trama, dal catepano Boioannes al vescovo Nicola, dal prete Giovanni al soldato Basilio. Ma ciò non basta, perché ogni situazione, anche minuta, che appare nel racconto ha una sua precisa motivazione storica, esaustivamente illustrata nelle Annotazioni in coda al volume, frutto di lunga ricerca, che spiegano nel dettaglio ogni curiosità del testo. In questo modo il lettore attento scoprirà la complessa situazione etnica e politica del territorio salentino di 1000 anni fa, la continuità nelle abitudini alimentari (si mangia la paparina); del folklore (i municeddhi); le specificità economiche (la produzione e il commercio dei capi di seta) e avrà modo di colmare un vuoto nella propria identità dimenticato e omesso arbitrariamente.
Il Capo di Leuca bizantino si manifesta in una maniera radicalmente diversa dalle vecchie immagini ormai superate della storiografia locale, dove ancora si favoleggia di monaci “basiliani” arrivati dall’Oriente per sfuggire a le persecuzioni degli iconoclasti (notizia ormai priva di fondamento storico). La società bizantina non era quella di un mondo di monaci vaganti in un’era oscura, era fatta da soldati, funzionari, commercianti, contadini e uomini di lettere, laici e religiosi. Il Salento di 1000 anni fa si ci si svela come un territorio tutt’altro che periferico, al centro di grandi dinamiche politiche, sociali e religiose. Il libro di Giovanni Cavallera fa rivivere questo passato e spiega le origini di una città.