Si fa infatti gran confusione tra appropriatezza e rimborsabilità di un farmaco. Per esempio, nel caso di pazienti con il colesterolo alto, l’uso di statine in chiave di prevenzione è sempre appropriato dal punto di vista medico-scientifico, ma il servizio sanitario lo rimborsa, e quindi ne prevede l’erogabilità da parte del Ssn, prevalentemente in casi di prevenzione secondaria, cioè in pazienti che hanno già avuto una lesione dell’apparato cardiocircolatorio. Nella maggior parte dei casi di prevenzione primaria, invece, il medico potrà prescrivere comunque il farmaco, ma il paziente dovrà pagarlo di tasca propria.
“I medici si basano sulle evidenze scientifiche, sulle linee guida e sulle informazioni cliniche acquisite attraverso la visita del singolo paziente nella prescrizione dei farmaci. Se la Regione ritiene che, a fronte di rilevanti differenze di prezzo, la formulazione dei farmaci con colecalciferolo sia identica, dovrebbe segnalare l’anomalia all’AIFA, cioè all’autorità che determina il prezzo dei farmaci e la loro rimborsabilità.” – continua Anelli.
La prescrizione oggi avviene sulla base dell’accertata carenza di vitamina D o nei casi in cui è necessario fare prevenzione. L’appropriatezza deve sempre essere valutata dal medico. Altra cosa invece è la rimborsabilità, che viene definita dall’AIFA e può stabilire dei limiti più stringenti, per esempio definendo la soglia di carenza sotto la quale il farmaco non è erogabile dal ssn.